CITAZIONE
Nel mio, di universo, il vero nome di Jay è Jahid, ed è il figlio indesiderato di Jafar e la sua concubina Nadwa.
Questo mi ha incuriosito: si tratta di un AU di tua invenzione basato, però, su un universo già esistente, giusto?
Cosa ti ha portato a scegliere questa tua personale versione invece di quella originale?
Riflette il tuo punto di vista in qualche modo?
Oh, e vedo che la hai ricollegata a Kingdom Hearts. Un tocco di Xehanort non guasta mai.
Nella tua storia, Jafar rinuncia persino al figlio pur di ottenere il potere: peccato non vedere traccia di questo pentimento neppure alla sua fine.
Dunque, comincio anche io il contest partendo con qualcosa di più classico, ma che mi sta molto a cuore.
Si tratta di un fandom che ho scoperto solo di recente, e vedendo il tema proposto il collegamento è stato immediato. E' una storia che mi ha lasciato qualcosa di prezioso, e spero possa fare lo stesso con voi.
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1° Mese
Tomoya & Ushio
Personaggi:Tomoya Okazaki: La vita di Tomoya assume una svolta improvvisa nel momento in cui conosce Nagisa, una ragazza timida ma di buon cuore. Il rapporto tra i due si evolve e culmina con un amore profondo e reciproco, il quale non si estingue nemmeno dopo la morte di lei. Perdendo la moglie durante il parto, Tomoya cade in depressione e si allontana dai suoi doveri di genitore, sopraffatto dal dolore.
Ushio Okazaki: Venuta al mondo senza mai aver conosciuto la madre e con un padre distaccato, Ushio è stata cresciuta dai nonni materni: Akio e Sanae. Di soli cinque anni, è una bambina docile che assomiglia enormemente alla madre, sia fisicamente che a livello caratteriale; a volte anche troppo, tanto da suscitare in chi le sta attorno una sensazione nostalgica.
Fandom: Clannad
Rating: VerdeUn piccolo dango sotto la neve
Ha iniziato a nevicare.
Osservo il mio respiro condensato dall'aria gelida sulla finestra della cucina, assistendo al lento formarsi di quel manto bianco che presto ricoprirà ogni angolo del panorama di questa maledetta città.
E mentre ipotizzo come la maggior parte della gente abbia già iniziato a pregustare come trascorrere la mattina a giocare all'aperto, io mi chiedo attraverso quanti millimetri di neve dovrò farmi strada per andare al lavoro, domani mattina.
Emetto una smorfia disgustata, abbasso la tapparella, e per sicurezza chiudo anche le tende. Non mi è mai piaciuta la neve.
Troppi pochi motivi per apprezzarla e troppi per non poterla neanche lontanamente vedere.
E' già da qualche settimana che ho tirato fuori le trapunte e le coperte pesanti per non trovarmi impreparato a combattere il gelo invernale.
La temperatura della casa è mitigata e ho fatto in modo da tenere a bada gli spifferi; inoltre, ho fatto il pieno di farmaci e medicine per qualunque evenienza.
Sì, quest'inverno non voglio sentire neanche uno starnuto.
Faccio per spegnere la luce e prepararmi per la notte, quando un lieve scalpitare di passi dalla stanza a fianco mi fa comprendere che le mansioni non sono ancora concluse.
Controllo l'orario; siamo ben oltre il tempo consentito per stare svegli.
Se non è per un ottimo motivo, mi sentirà.
Mi affaccio sul corridoio, attendendo silenziosamente che trascorressero alcuni secondi; a giudicare dal fatto che la porta della sua stanza non si è aperta, ne deduco che non è dovuta andare in bagno, né è stata colta da un incubo o qualche malore.
Sospiro, grattandomi nervosamente la fronte.
Ero certo di essere stato chiaro, e non amo ripetermi.
Mi avvicino di soppiatto, e poi spalanco la porta con un unico movimento osservando la scena che mi palesavo.
Un paio di piccoli occhi castani si voltano verso di me, contratti in un'espressione chiaramente colpevole. Vedo che almeno se ne rende conto.
- Ushio, cosa ci fai in piedi? - le domando, perentorio - Va subito a letto -
Lei esita prima di rispondermi, e preferisce semplicemente gesticolare con il dito verso un punto imprecisato della finestra.
In effetti noto di averla sorpresa in punta di piedi proprio davanti al vetro che dà sul cortile, come se si stesse sporgendo nel tentativo disperato di cercare qualcosa.
- ...papà! - esclama lei, con la sua vocina squillante - La neve! -
Rimango per un momento perplesso, notando le sue pupille brillare di fronte al massiccio nevischio.
Certo, immagino sia ovvio per la sua età: possiede degli occhi ancora innocenti che vogliono solo scoprire il mondo attorno a sé, che si meravigliano ad ogni esperienza.
Un continuo mostrare stupore anche per le cose più banali, un'imperterrita sete di conoscenza e curiosità che con la crescita andiamo perdendo; invidio quelle sensazioni.
E' da tempo che ho dimenticato che cosa vuol dire osservare qualcosa di bello senza che vi fosse un ricordo orrendo dietro a rovinarne l'immagine.
Deve essere piacevole non avere un passato a cui riaffacciarsi.
Ma ora come ora non è il momento né dei sentimentalismi né delle battaglie a palle di neve; la afferro dalle ascelle e la riporto a letto, serrando la persiana dietro lo sguardo sconsolato di Ushio.
- Ma... la neve...! - protesta debolmente.
- E' tardi. E' ora di dormire, non di guardare il panorama - asserisco, rimboccandole le coperte per la seconda volta - Domani potrai andare a giocare fuori, va bene? -
- Con Akki? -
- Sì, con Akki - mi tocca assecondare momentaneamente le sue richieste se voglio che se ne stia buona. Spero solo che Akio abbia abbastanza tempo libero, domattina.
La mia risposta sembra soddisfarla abbastanza, poiché acconsente a rimettersi sotto il lenzuolo senza fare storie. Fortuna vuole che sia una bambina ubbidiente, il più delle volte.
Ma la conosco fin troppo bene; abbiamo appena cominciato.
Il rito per far addormentare Ushio è lungo e travagliato, e non è raro che mi spazientisca anche per delle piccolezze nelle giornate più faticose.
- Papà, non ti piace la neve? - mi chiede a bruciapelo.
La fisso con aria curiosa; non ha l'età per fare domande complesse, ma è comunque notevole che a cinque anni possa formulare quesiti introspettivi.
- No, non mi piace -
- Perché? -
Ecco, la domanda da un milione di yen. Ho passato anni a torturarmi dietro il ricordo di quella fatidica notte bianca; credo che il fatto che io la disprezzi sia davvero il minimo.
Ma non intendo rendere partecipe Ushio di certe cose. Non è il momento; ha il diritto di vivere la sua infanzia senza questo spettro.
Giungerà il momento in cui la verità la farà soffrire, ma non oggi. Non ora.
- Perché è fredda e fa ammalare - le dico sbrigativamente.
- Sei ammalato? -
- No, ma potrebbe accadere. E succederà anche a te, se non ti copri bene durante il sonno -
Sembra che la minaccia di un possibile raffreddore la abbia spaventata a dovere, poiché si è nascosta ancora di più sotto la coperta.
Non tanto per la malattia in sé, ma perché sa che, in quel caso, non potrebbe giocare nella neve.
L'ingenuità genuina e pura dei bambini ha un che di confortante, a volte.
- Papà - la sua vocina mi sorprende nei miei pensieri - Che cos'è un termometro? -
Sembra che il questionario di Ushio non sia ancora terminato. Stavolta è passata all'etimologia; un'altra sua passione.
- E' una cosa che indica se fa caldo o freddo - le rispondo, tentando di semplificare le parole il più possibile - Come mai me lo chiedi? -
- Lo ha detto Sanae -
Certo, immagino abbia senso. Sanae è una nonna fin troppo premurosa per non prendere in considerazione una febbre invernale.
Ushio deve averla sentita parlarne, e per riflesso la parola le è rimasta in testa.
- Papà - mi richiama lei.
Prevedo un'altra domanda a titolo informativo. Spero davvero che la stanchezza la colga al più presto, o nemmeno io reggerò per molto.
- Dimmi -
- Che cos'è un gatto delle nevi? -
Santo cielo, questa è tosta. E ho il sospetto di sapere a chi attribuire questo imprevisto.
- Dove lo hai sentito? -
- Lo ha detto Akki -
Ecco, tombola. Quel vecchio deve aver di nuovo fantasticato in modo pomposo su un'eventuale settimana bianca in montagna.
Ma ciò che mi preoccupa è la possibilità che nella testa di Ushio si sia formata l'idea di un improbabile felino d'alta quota.
Farei meglio a togliermi il dubbio, ma come fare per spiegare ad una bambina di quell'età il modo in cui funziona un cingolato che spala neve?
- Dunque... è una macchina che... - tentenno brevemente - ...che trasporta le persone sulla neve -
- Ooh...! - il suo sospiro di meraviglia è piuttosto sonoro - Tu guidi un gatto delle nevi? -
- No. Ma forse Akki lo sa fare - le racconto, colto da un'idea diabolica.
Beccati questa, Akio. Ora tocca a te inventare un modo per uscirne.
L'idea sembra quasi divertirla, poiché inizia a ridere di gusto.
Siamo quasi al termine; vedo le sue palpebre appesantirsi lentamente. Sarà questione di minuti prima che si addormenti del tutto.
Magari se le resto di fianco, in silenzio, rimarrà tranquilla senza fare altre domande.
- Papà... -
Ho cantato vittoria troppo presto. Come sempre.
- Dimmi - sbuffo io, chiedendomi quale altra stramba definizione possa averle inculcato Akio con la sua lunga linguaccia.
- Che cos'è un abbandono? -
Mi paralizzo per un istante.
Forse ho sentito male, o forse la stanchezza mi ha fatto capire un concetto per un altro.
In ogni caso, sento istintivamente la necessità di risentire la domanda.
- Come...? Come hai detto, scusa? -
- Che cos'è un abbandono? -
No, non avevo interpretato male.
Che razza di domanda. E ho quasi paura a chiederle delucidazioni.
- ...dove lo hai sentito? -
- Lo hanno detto Sanae e Akki - risponde, con la massima, innocente sincerità.
Avrei dovuto supporlo. Non ho un contesto, ma posso immaginare di cosa stessero parlando.
Sono passati cinque anni da quando ho iniziato a prendere le distanze da mia figlia. Dopo il parto, sono stati Sanae e Akio a prendersi cura di lei; non posso di certo biasimarli se non hanno un'altissima opinione del sottoscritto.
Ho passato il mio tempo a non fare niente, a vivere un'esistenza vuota e priva di scopo, in completa solitudine.
Cinque anni completamente bruciati, gettati al vento; come se non fossero mai esistiti.
Conosco un buon numero di persone che mi sgriderebbero pesantemente se sapessero che razza di genitore sono stato, ma... non potevo.
Semplicemente non potevo farcela. Non dopo la sua scomparsa, non in quel modo.
Era come se l'unico fattore che teneva in piedi i pezzi sparsi della mia vita fosse sparito di colpo, lasciandomi alla deriva nel mio disordine.
Nagisa morì dando alla luce Ushio in quella dannata notte innevata; mi ha lasciato con una bambina che le è identica in quasi tutto: aspetto, carattere, pregi e difetti.
Più ci penso, più mi viene da impazzire; le somiglia così tanto, tantissimo. Troppo.
Ogni suo gesto, ogni parola, mi rimanda a lei. A quei giorni. A quella vita.
E io ho codardamente deciso di annegare il mio dolore nel silenzio e nella solitudine, facendo gravare il peso su chi mi era vicino.
E' un errore a cui non potrò mai porre rimedio, nemmeno volendolo con tutto me stesso.
- ...è quando lasci indietro qualcuno - le rispondo, con voce fredda - Quando te ne vai via, e... smetti di pensare a qualcuno: vuol dire che lo hai abbandonato -
Il suo sguardo corrucciato mi indica che ha capito che non si tratta di una cosa piacevole.
- Quando smetti di... pensare a qualcuno? - è chiaro che sta ancora cercando di fare luce su questa strana nozione.
- Esatto. Come ho fatto io... -
- Tu? Hai abbandonato qualcuno? -
- Sì - deglutisco a fatica.
- Perché? -
Ancora una volta riesce a spiazzarmi in modo plateale.
Già: "perché"? Una domanda che vuol dire tutto e non vuol dire niente. Una semplice parola che nasconde alle proprie spalle infinite risposte e sfaccettature varie.
Come può essere così complicato rispondere ad un quesito così breve?
Come fai a dire a tua figlia che la hai abbandonata per un motivo?
Non credo troverò mai le parole giuste da dirle, neanche quando sarà abbastanza grande da capire che si tratta di lei.
Che lei è la persona che ho ingiustamente abbandonato a causa di un dolore inutile, di un fantasma dal passato.
- Papà -
Mi chiama ancora una volta, e di nuovo mi coglie alla sprovvista. Ma, stavolta, in modo diverso.
Sento la sua piccola mano stringere la mia, sudata e tremante, come a tentare di calmarmi.
Come se stesse avvertendo che non sono di buon umore e stia provando a darmi sostegno.
Glielo leggo negli occhi castani, anch'essi eredità della madre: non ha idea di cosa io stia pensando, provando, o dicendo. Sa solo che sono triste.
E quella morbida stretta delle sue minuscole dita è il suo tentativo di fare breccia.
Sospiro; le passo le mani tra i capelli, carezzandola dolcemente.
- Dimmi, Ushio -
- Mi canti la canzone della mamma? -
Ah, ecco un'altra richiesta che mi riporta indietro nel tempo, a quel periodo più felice.
La "canzone della mamma", certo. Sanae deve avergliela cantata per mantenere vivo il ricordo di ciò che Nagisa più amava.
Una cantilena infantile, smielata, ma a tratti anche malinconica.
Se mi concentro, riesco ancora a sentire la voce di Nagisa che ne intonava il motivetto.
"
Dango, dango, dango, dango, la grande famiglia dango..."
Le parole mi escono quasi spontanee, come fossero guidate dall'istinto. Eppure non la sentivo da così tanti anni.
Ushio accompagna il mio canto con un mormorio soddisfatto.
Non c'è da sorprendersi che quei piccoli affari rotondi piacciano anche a lei; a dirla tutta, credo siano il tratto distintivo di questa famiglia.
"
Un birichino dango fritto, e un gentile dango ai fagioli dolci...
Se li mettessimo assieme, formerebbero una famiglia di cento..."
Sì, lo ricordo. Nagisa li disegnava ovunque, accompagnando i suoi scarabocchi con questa cantilena.
Che fosse felice, che fosse triste, era sempre il momento della grande famiglia dango.
Certo, io preferivo che la cantasse col sorriso.
"
Il piccolo dango sorride ed è sempre cullato da tanta felicità.
E il dango anziano, con sguardo accigliato, si immerge nei ricordi"
Con quella strofa, accompagna definitivamente Ushio nel mondo dei sogni. Che si addormenti con serenità in volto, lo comprendo solo ora, è la mia conquista più grande.
Forse un giorno mi perdonerai, Ushio. Forse mi perdonerai per averti messa da parte.
O forse coverai rancore nei miei confronti, oppure ci riderai sopra come se fosse un evento troppo vecchio per darci importanza.
Starà a te decidere.
Fino a quel momento, fa sogni d'oro.
"
E se tutti imparassero a tenersi per mano, come la famiglia dango, comprenderebbero l'amore.
Ora, la piccola città dei dango è divenuta il meraviglioso mondo che sognavo.
Oltre il cielo stellato, i conigli sulla luna sorridono e li salutano.
Le cose belle della vita, le cose brutte... arrotondale tutte"
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Edited by ValyxVI - 24/10/2018, 21:51